Dies horribilis
14 giugno 2023. Fermoselle – Miranda del Duero.
Non so neanche quanti chilometri ho fatto oggi, credo tra i venti e i trenta, e a Miranda avrei voluto dormirci ieri. Col senno di poi, menomale che mi sono fermata a Fermoselle!
Non ricordo, in tutti i miei cicloviaggi, una giornata così: questa è stata la peggiore in assoluto,
mi è successo di tutto, un disastro.
Lascio Fermoselle percorrendo un bello sterrato in salita che sbuca sulla solita ZA-qualchecosa (qui le strade provinciali hanno il nome composto dalla sigla della provincia di appartenenza seguite da un numero) che percorro per un tratto finché lo stramaledetto Google maps mi invita a girare a destra su uno sterrato in discesa, all’inizio decente, ma poi…
Il fondo va via via peggiorando e so che alla lunga discesa seguirà un’altrettanto lunga salita, ma ormai è tardi per tornare indietro, mi dovrei comunque rifare in salita i quasi due chilometri di discesa, tanto vale rimanere qui. E la salita inizia. Chiedo la “collaborazione” di Laila che lego al manubrio: almeno mi risparmio i suoi quasi nove chili. Alle salite si alternano tratti in discesa che percorro comunque a piedi tanto sono ripidi e malmessi con il fondo di pietra sciolta alternato a roccia. E poi cominciano i guai. Si stacca una borsa, mi fermo a riattaccarla e quando sto per ripartire sento un rumore come di acqua scrosciante. Non era acqua, era l’aria della ruota davanti che fuoriusciva insieme al gel autosigillante. Ho con me una sola camera d’aria di scorta, non è il caso di cambiarla subito, se dovesse bucarsi ancora che farei? Tanto sto camminando, continuo così fino alla fine del sentiero e poi la riparo, in un posto all’ombra e non qui sotto un sole implacabile. Il contachilometri, impostato sulla distanza percorsa, mi dà ancora 2, 9 km di martirio. L’unica nota positiva è che, su questo fondo quasi sabbioso, la bici con una gomma a terra si trascina meglio.
Quando finalmente intravvedo la strada, cerco un po’ d’ombra e cambio la camera d’aria. Asfalto, finalmente! Con una bicicletta carica da cicloviaggio, e con un carrelino in aggiunta, gli sterrati così vanno assolutamente evitati: ancora una volta mi riprometto di ignorare d’ora in poi gli sciagurati consigli di miss Google, a meno che lo sterrato non sia la senda del Duero, ben indicata e ben tenuta in questa zona. E infatti la trovo la senda del Duero ed è un piacere percorrerla. Alla fine di un breve tratto in salita dove ho dovuto ancora procedere a piedi, Laila ed io ci concediamo una frugale pausa pranzo all’ombra di un albero. Povera Laila, contavo di comprarti la pappa umida a Miranda do Duoro, ma non ci siamo ancora arrivate, ti dovrai accontentare delle crocchette e ti va già meglio che a me che come pranzo ho solo delle ciliegie. Buone però.
Ripartiamo. In un tratto in leggera salita sento che faccio una gran fatica, nonostante il cambio sia su uno dei rapporti più leggeri. Controllo: la catena si è intestardita a rimanere sul pignone più piccolo, e più duro. Anche ricollocandola manualmente su un altro, come inizio a pedalare ritorna sul piccolo. Un’altra conseguenza del terribile sterrato di cinque chilometri che mi ha quasi distrutto la bici. Che fare? Mi trovo su una strada interrotta da cui non passerà nessuno; io con la bici ci sono passata, ma per le auto è impossibile. Mi ricordo che ho un’assicurazione e la chiamo. Con molte difficoltà riesco finalmente a parlare con i ragazzi del call center che, si capisce chiaramente, non sanno che pesci pigliare. Non gli era ancora capitata una richiesta di soccorso da una bici, il format che devono riempire chiede il numero di targa (!?), non riescono a localizzarmi perché il link che mi inviano a questo scopo nel punto dove mi trovo non funziona. Sono davanti a un cartello stradale che indica chiaramente: ZA-L-2218, km 3, ma loro mi devono localizzare col link. Mi tengono più di mezz’ora d’orologio al telefono, poi mi dicono che richiameranno. Intanto io chiamo Daniel, il ciclista di Zamora, che, in videochiamata, cerca di spiegarmi come riparare il cambio… inutilmente, perché quando muovo i pedali la catena ritorna ostinatamente sul pignoncino durissimo.
Finalmente mi richiama l’assicurazione. Questa volta è una donna che sa il fatto suo. Mi dice che verrò contattata da un carro attrezzi spagnolo al quale dovrò spiegare dove mi trovo, ma questo non prima di due ore. Due ore? E che ci faccio due ore qui? Decido di raggiungere il paese più vicino, Fariza, saranno un quattro chilometri, e di aspettare in un bar dove potrò almeno lavarmi le mani sporche di grasso e mangiare qualcosa. Sono già le quattro, l’assistenza non arriverà prima delle sei e mezza/sette, stasera dormirò a Miranda do Duoro. Intanto sono già passate due ore, due ore sul ciglio di una strada assolata, dove dapprima trovare un po’ d’ombra era un impresa, poi con il giirno che avanzava, avazava anche l’ombra, almeno questo.
E finalmente, dopo tanta negatività, una nota positiva. Raggiunta Fariza pedalando finché la salita era compatibile col mio cambio oppure spingendo, trovo un bar aperto e soprattutto trovo Manuel, un veterinario che mi spiega la strada per Miranda, quasi tutta in discesa tranne una breve salita tra poco e una lunga salita finale che dovrò fare a piedi.
Al momento di partire Manuel mi apre la sua macchina per capire se le mie cose ci possono stare. Ma certo che ci stanno, ci sono state nella mia Panda!
E così in breve tempo eccomi a Miranda do Duero. Non so quanto tempo ci avrei inpiegato a coprire i due chilometri di salita finale: solo quelli avrebbero richiesto almeno mezz’ora.
Manuel, gentilissimo, dopo avermi accompagnato da un anziano ciclista a cui ho lasciato bici e carrello (andrò a recuperarli domani, speriamo bene) mi aiuta nella ricerca di un albergo per stanotte. Ce ne sono tanti, ma, come dico che ho un cane, la loro porta si chiude. Alla fine uno che li ammette lo trovo. Doccia, bucato, vestiti puliti; quando sto per uscire a godermi una calda e profumata serata portoghese in giro per Miranda mi richiama la signora dell’assicurazione. Grazie, ma ho già risolto. Tutto bene quel che finisce bene.
Si inzia bene ma poi… finalmente la senda del Duero e, dopo tante peripezie, finalmente il Duero … a Miranda do Duoro la cattedrale da lontano …e da vicino (gelato al bar qui davanti) il museo Mourinho… saranno parenti? 😀 il castello, quello che ne rimane