Le Morbihan

19 Ottobre 2022 0 Di wp_1499909

10 – 16 ottobre 2022. Vannes – Port Blanc – Ile aux Moines – Portivy – Quiberon – Belle Ile en Mer – Etél – Quinquis. 280 km circa + battelli

Vannes è bellissima, una vera gioia per gli occhi. Ieri sera, illuminata da una luna piena, aveva un fascino particolare. La visito oggi, alla luce del giorno, purtroppo sotto un cielo nuvoloso che minaccia pioggia. Riattraversato il ponte invece che a destra giro a sinistra e mi godo i bellissimi giardini del castello, per poi dover tornare indietro perché l’ufficio del turismo è al porto e il porto era a destra. La ragazza a cui mi rivolgo eslude che possa ritornare verso Lorient in battello: da Vannnes non ci sono battelli per la Belle ile in questa stagione, ci sono solo da Quiberon, ma poi si può solo ritornarci a Quiberon. Tocca tornare indietro sulla stessa strada di ieri, il che mi secca un po’, ma l’avevo messo in conto, se volevo vedere Vannes.
Oggi mi sento svogliata, ; sarebbe stato il giorno ideale per prendersi una pausa e godersi questa bella città,  ma non in un albergo che costa 85 euro al giorno! Riesco almeno a comprare un paio di jeans e due magliette a manica lunga che potrò usare anche per dormire; due perché erano in offerta: una venti euro,  due venticinque. C’era un’analoga offerta anche sui jeans, ma l’altro paio non avrei proprio saputo dove infilarlo 😂
La strada per Port Blanc, da cui parte il battello per l’Ile aux Moines è ancora la ciclabile 45. Mentre aspetto il battello scrivo a Soazig che se a sua sorella fa piacere, ci possiamo incontrare al mio ritorno sulla terra ferma, visto che abita da queste parti. La risposta arriva dopo una decina di minuti, corredata da indicazioni precise per raggiungere la casa di Kartell,   così si chiama sua sorella… sarebbe Caterina in bretone… che vive a 500 metri dal porto. Con l’invito a fermarmi da lei per la notte: stupendo! E con l’invito, rivolto a me, a godermi l’isola e la natura del Morbihan. Cara Soazig!
L’isola,  adesso che sono quasi spariti i turisti, mi dà un grande senso di pace, con i suoi silenzi, le sue stradine, i suoi angolini particolari, tipici delle piccole isole. Qui in più ci sono monoliti, i menhir di Obelix, e dolmen, i moines, che le danno il nome. Me la giro tutta da un capo all’altro sul percorso blu, con due salite/discese del 10% che percorro senza difficoltà (ma quando non riesco a salire neanche spingendo quale sarà la pendenza?), riprendo il battello e raggiungo la casa di Kartell, una bella villa con una grande piscina dotata di una cupola semitrasparente di copertura che Kartell aveva appena chiuso, per Laila, mi dice. Un tesoro Kartell, é proprio la sorella di Soazig. Insieme la chiamiamo in vivavoce, poi essendo quasi l’ora di cena, mi offro di cucinare gli spaghetti alla carbonara, dopo che Kartell aveva proposto delle tagliatelle condite con la pancetta, che non è proprio l’abbinamento giusto 🙃

La mattina riparto alla volta di Quiberon e della Belle Ile con in tasca l’indirizzo di un airbnb che Kartell ha cercato per me. Pensavo di arrivarci per la sera, ma non avevo fatto i conti con la bellezza della Bretagna. Anche la bellezza ti rallenta perché te la vuoi godere, fartene assorbire, formarne parte. Google maps mi dava 39 chilometri , mi sono fermata qualche chilometro prima di Quiberon e il contachilometri ne segnava cinquanta. Galeotto è  stato anche il museo della resistenza durante la rivoluzione francese apparsomi come un’oasi nel deserto della bella foresta armoricana, quella di Asterix. Interessantissimo. La storia della controrivoluzione in Vandea, e scopro adesso anche in Bretagna, mi aveva intrigato già ai tempi della scuola. Si sa che la storia la scrivono i vincitori, che appaiono sempre come i “buoni”; i “cattivi” erano quelli contro, liquidati con qualche riga in tono negativo per dovere di cronaca. Il museo era aperto e ci ho passato un’ora buona… che sarebbe stata buona per arrivare a Quiberon, prendere l’ultimo battello per l’isola e raggiungere il mio b&b, ma a quest’ora mi dovrei cercare un alloggio per la notte lì e Kartell mi ha avvisato che, essendo una località turistica, troverò sicuramente qualcosa, ma a prezzi molto alti. Non è però che abbia molta scelta, se non quella di stare bene attenta a se, per caso, non trovo qualcosa prima. E qualcosa trovo, che sembra aperto, ma si rivela chiuso. Poi é la volta di un camping lungo la cui recinzione pedalo per un pezzo: sembra aperto, ma non si capisce da dove si entra, seguendo la recinzione si finisce sempre per ritrovarsi in un vicolo cieco. C’è una casa con davanti una macchina, suono il campanello per chiedere dov’è l’entrata del campeggio. Il signore che mi apre, gentilissimo, si offre di accompagnarmi con la sua bicicletta e mi conduce fino a una piazzola che confina con il suo giardino. La reception è chiusa, come è chiuso il bar/ristorante. Luc, così si chiama la mia improvvisata guida, ritorna a casa e pochi minuti dopo, mentre sto distendendo la tenda, lo vedo spuntare dall’altra parte della rete metallica,  anzi, li vedo spuntare, perché c’è anche sua moglie, Sylvie. Mi dicono che cenerò con loro, Luc piazza due scalette ai due lati della rete e passa nel camping ad aiutarmi a montare la tenda. Chiedo se posso fare una rapida doccia da loro invece che in quella del camping: permesso accordato e passo anch’io, con Laila, dall’altra parte della rete. Entriamo in casa dal garage dove é parcheggiato un grande rimorchio per bici, tipo risciò. Chiedo spiegazioni: é per i loro quattro nipotini. Laila si adatta subito alla nuova casa e mostra di apprezzare il tappetino che le danno. A cena parliamo molto, del mio viaggio, di scuola… una volta scoperto che ero una prof, Sylvie mi fa mille domande sulla scuola italiana facciamo molti confronti con quella francese: se Roma piange Parigi non ride, insomma… Scopriamo, Sylvie ed io, di essere nate a due giorni di distanza, lei il nove, io l’undici, di novembre. Ma lei ha già quattro nipotini e un quinto in arrivo!
Notte sotto le stelle, e la luna, e la mattina coĺazione da loro. La doccia in campeggio non l’avrei comunque potuta fare: campeggio chiuso, sanitari chiusi; aperte, bontà loro, solo le toilettes. Tenda smontata, passati tutti i bagagli al di là della rete, non rimane che raggiungere casa loro in bici e montare il tutto. Trovo Luc con Laila ad aspettarmi all’imbocco della stradina pedonale; Laila, mi spiega Luc era stata tranquilla per tutto il tempo delle operazioni, anche nei miei momenti di assenza dalla piazzola, ma quando non ha visto più la bici si è  molto agitata e lui, per tranquillizzarla, me l’ha portata incontro. Amore Laila ❤ E partiamo tutti in bicicletta alla volta di Quiberon,  Sylvie solo per un pezzo perché aspetta una consegna, Luc fino a destinazione, seguendo il bel percorso della cote sauvage in una bella giornata di sole. Fatto il biglietto per Belle Ile en Mer, ci lasciamo all’imbarcadero con la promessa di rivederci stasera o domani al mio ritorno.

Il mio piano, che per una volta funziona, é,  una volta sbarcata nella Belle Ile, di andare a cercare la chambre dell’airb&b che mi ha trovato Kartell e, una volta lì, scaricare tutte le masserizie dalla bici e dal carrellino e, così alleggerita, partire alla scoperta dell’isola. Qualche difficoltà per trovarlo, ‘sto posto, che miss Google colloca da un’altra parte lì vicino. Con l’aiuto della ragazza della friperie, una rivendita di vestiti usati, molto pittoresca, riesco a raggiungerlo. E aperto, hanno una stanza libera… in reata sono tutte libere, ci sono solo io!
Che goduria la bici leggera! Mi sembra di volare! Mi avevano tutti messo in guardia curca le pendenze dell’isola; all’ufficio del turismo ti danno un 15%; ma va’! E comunque nessuna difficoltà senza tutto il mio carico, ma l’altro ieri il 10%, scritto sui segnali stradali, dell’Ile aux Moines, l’ho salito con tutto il peso. Non è però che abbia molto tempo per girarmela oggi; sono già le cinque passate. Mi dirigo verso est seguendo le indicazioni de “Le circuit” e poi “Le grand phare” e “Port Coton” con le sue Aiguilles, scogli, faraglioni in una piccola baia. Rimando il resto all”ìndomani. Ma l’indomani piove. Mi bardo ben bene e vado lo stesso, ancora leggera perché posso lasciare le mie cose nella casa della chambre d’hotes e, una volta tornata, mi hanno detto, posso entrare liberamente per caricarle e ripartire. La pedalata sotto la pioggia vale la pena: vado a vedermi la Pointe des Paulains, spettacolare, spazzata e scolpita dal vento, e Sauzon, bel paesino portuale. Ieri, sbarcata a Le Palais, mi sono fatta il circuito verso Locmaria, ma non ci sono arrivata perché il bivio per la mia meta, Bangor, era prima. Che poi la mia chambre d’hotes non era proprio a Bangor, ma a Kervilahouen e, se non avessi trovato aperto il negozietto di abiti usati, ci avrei perso tutto il pomeriggio prima di riuscire a trovarla. Qui tutti i cartelli hanno la doppia scritta, in francese e in bretone, come in Spagna nel Pais Vasco; penso che la lingua bretone sta al francese come l’euskera sta allo spagnolo: idiomi completamente diversi dalla lingua ufficiale. E, come l’euskera, anche il bretone è incomprensibile, difficile anche da leggere; una cosa ho capito, dato che i nomi delle località iniziano tutti con Ker: ker significa città, paese, villaggio. Al ritorno sono fradicia. Mi cambio, indosso abiti asciutti, ringrazio mentalmente il mio amico Paolo per avermi consigliato l’acquisto di un paio di carissimi calzini che tengono i piedi asciutti anche a scarpe zuppe e li indosso adesso, dopo che le sovrascarpe Vaude, soprattutto la sinistra, non hanno retto a tre ore buone sotto una pioggia neanche troppo sottile. L’ultimo battello parte alle 18.30 dal porto di Le Palais; riesco a prendere quello prima e telefono a Sylvie per avvisala che arriverò intorno alle 19.00.

Alle sette e qualcosa sono davanti al campeggio, senza riuscire a riconoscere lo stradellino che conduce a casa di Sylvie e Luc: non mi resta che chiamare un’altra volta. Sylvie mi dice di tornare davanti all’entrata del camping e pochi minuti dopo compare Luc in bicicletta. Che bello, dico a Sylvie una volta arrivata, sapere di essere attesi, di avere una casa amica dove passare la notte!
Sylvie è fantastica: mi spedisce a fare la doccia dopo aver caricato la lavatrice con le mie cose bagnate. Mancano solo quelle che indosso: mi lascia un cesto fuori dal bagno per mettercele così lei la farà partire appena riempito, é preoccupata che la roba non si asciughi per domani.
Cena tra racconti, commenti, consigli per l’indomani. Non dovrebbe piovere, mi annuncia Sylvie e mi propone un giro nei dintorni insieme, senza nemneno il carrellino perché Laila rimarrà con Luc. Da quando non pedalavo su una bicicletta completamente scarica? Non me lo ricordo più. La sensazione di libertà è massima e, nonostante una pioggerellina fine, mi godo la mattinata e le cose che Sylvie mi conduce a vedere. Ritrovo un “cromlec’h”, ne avevo già visto uno sull’Ile aux Moines, una disposizione a semicerchio di menhir, poi un dolmen, una chiesina, una bella casa bretone autentica, non rimaneggiaa, tutte quelle cose, quei particolari che normalmente ti sfuggono. Normalmente perché non si riesce, e non si può, mai a vedere tutto, ci vorrebbe davvero troppo tempo, ma é bello soffermarcisi ogni tanto. Dopo pranzo arriva il momento degli addii; anche in questo caso, speriamo sia un arrivederci.

E stasera, ad Etél, la cosa si ripete: con altri nuovi amici, in un’altra casa, ma accolta con lo stesso calore e simpatia. I miei nuovi ospiti sono Muriel e Jean Pierre, li incotro che stanno prendendo un aperitivo nella terrazza riparata dalla pioggia di un bar in cui ero entrata a chiedere se non ci fosse qualcosa per dormire qui. Vista la simpatia con cui guardano Laila parcgeggiata nel suo carrellino lì davanti, oso chiedere anche a loro.Jean Pierremi invita a sedermi a bere qualcosa con loro. Sorseggio la mia panaché mentre Muriel telefona ad un conoscente che di solito affitta delle camere. Di solito, ma non adesso, così chiede a Jean Pierre, suo marito, se ha qualcosa in contrario ad ospitarmi da loro. Jean Pierre non ha niente in contrario, anzi.  E commenta strabiliato che l’ultima cosa che si aspettava mentre prendeva un aperitivo con sua moglie e sua cognata, appena rientrato da un viaggio di lavoro in Svzzera, dove normalmente vivono, era di incontrare un’italiana in bicicletta sotto la pioggia.
Raggiungiamo a piedi casa loro. Anche Muriel, come Sylvie, é una perfetta padrona di casa, mi fa vedere la mia camera, in cui Jean Pierre mi aiuta a trasportare le mie pesanti cose, mi indica dove fare una doccia, mi invita ad usare la lavatrice, ma non ho granché da lavare stasera: le due cosette, maglietta e calzini che indosso, li laverò a mano e si asciugheranno sul calorifero tiepido. Laila stringe amicizia con Milan, un anziano pastore belga dal pelo fulvo anziché nero, e insieme a lui è libera di scorrazzare in sicurezza per il loro giardino.
A cena sono attesi uno dei loro quattrro figli con la sua fresca mogliettina cambogiana. Si sono sposati l’anno scorso, ma ancora i genitori di lei non conoscono né suo marito né i consuoceri: a causa delle restrizioni per il Covid non hanno potuto essere presenti al matrimonio. In questi giorni Jean Pierre partirà per un viaggio di lavoro in Thailandia e ne approfitterà per andare a conoscerli. E tra qualche mese i due sposini si sposeranno un’altra volta in Cambogia con rito buddista.  E la mattina dopo Muriel e Jean Pierre mi accompagnano per un pezzo e mi fanno conoscere un delizioso paesino li vicino, Saint Cado, nella cui baia c’è una casetta su uno scoglio che, mi dicono, è un simbolo della Bretagna. Prendiamo un cappuccino in un bar sul porticciolo con vist sulla casetta e ci giriamo il paesino, visitiamo la bella chiesetta, poi, arrivati al ponte sul …, arriva anche il momento dell’addio: io lo dovrò attraversare alla volta di Concarneau, loro ritorneranno a casa. Mi fanno un ultimo regalo: la scoperta che da Port Louis si può prendere un battello/bus per Lorient, risparmiandosi un giro di un bel po’ di chilometri.
Così arrivo a Port Louis, mi informo su dove parto il battello, raggiungo il molo, i due membri dell’equipaggio mi aiutano a caricare la bici, per poi scoprire che non è quello giusto, qesto non va a Lorient. Scaricata la bici, mi spiegano come raggiungere il molo giusto, all’altra estremità del paese. Altro carico difficoltoso, qui mi fanno staccare il carrellino, e alle due e mezza sono a Lorient. Sosta pranzo in una boulangerie e via verso l’ovest lungo la costa. Trovo una bella ciclabile  percorso lungo il fiume Ter,  poi una via verde che dovrebbe condurmi a Concarneau, invece finisce a Guidel plage, regno di surfisti e kitesufisti. Miss Google mi conduce in un parcheggio dove mi dice di prendere il traghetto. Ma il traghetto in questa stagione non c’è più: bisogna procedere via terra, percorso più lungo e soprattutto più scosceso, con faticose salitelle ripide. Lungo la strada, ormai é tardi e fra poco farà buio, vedo delle indicazioni do chambres d’hotes e gites, ma non mi sembra corrispondano a niente di concreto, finché in una pizzeria mi indicano questo campeggio, due chilometri più avanti.  È aperto, la reception è chiusa,  ma il ristorante di fronte, aperto, è del campeggio. Anche qui mi affittano una cabane, spartana, ma molto meglio di quella di Josselin; almeno qui ho un letto, delle lenzuola usa e getta, una lampada a pile e dello spazio in cui muovermi e mettere le mie cose. E ci si sta in piedi. E costa 22 euro e non i 35 che ho pagato li. E qui siamo al mare, non su un canale.
Niente doccia, bagni troppo lontani, cena al ristorante del campeggio. Stanno festeggiando un compleanno, quindi olo pizza. Ok per margherita e panaché. Laila, già provata dal viaggio nel buio, è un po’ spaventata: dalla musica, dal rumore, dalle grida augurali, ma poi si rassicura con tutte le coccole che le fanno!
Io mi attardo per ricaricare il telefono e i pochi festaioli rimasti a ballare invitano anche me. Una volta scoperto che sto viaggiando in bici, divento l’attrazione della serata, insieme a Lalla, definita magnifique.

nnnn