Le canal de Nantes a Brest

8 Ottobre 2022 4 Di wp_1499909

3 ottobre 2022 – Saint Luce sur Loire – Heric. 45 km

E arriva sempre il momento degli addii, degli arrivederci in questo caso, perché tornerò da Soazig e Thierry. Ho lasciato da loro sacco a pelo e qualche vestito estivo ormai inutile, per poterli sostituire con un sacco a pelo per temperature più rigide e con almeno un paio di jeans di ricambio. La sostituzione del sacco a pelo costa una mattinata, a me, ma soprattutto a Thierry, che lavora, ma mi ha scarrozzata lo stesso fra i due Decathlon di Nantes per trovarlo.  Il primo non ce l’aveva, ma me l’ha bloccato nell’altro: temperatura confort 0°, dimensioni e peso ridotti ai  minimi termini, 180 euro, argh! Per i jeans non c’è fretta, ma il sacco a pelo lo dovevo comprare per forza prima di lasciare la loro casa perché posso solo sostituire, aggiungere no, il mio spazio a disposizione é limitato, calcolato al millimetro.
Parto verso mezzogiorno, con una pioggerellina intermittente che mi accompagnerà per i primi chilometri, poi però esce il sole e tutto mi sembra più bello. Il canale da Nantes a Brest, mi ha detto Thierry, fu scavato dai carcerati durante tutta la prima metà del XIX secolo per sottrarre le navi mercantili alle razzie dei pirati. Leggo su Wikipedia che la decisione di realizzarlo fu presa da Napoleone in seguito al blocco da parte degli inglesi del porto di Brest. Il canale non inizia proprio a Nantes, ma nei pressi di Sucé sur Erdre e per raggiungerlo devo pedalare per più di trenta chilometri. Inizio a seguirlo: assomiglia molto al mio naviglio, ma è un po’ più monotono perché non attraversa i paesi. In compenso ci sono le chiuse ed è  molto ben segnalato, con anche le indicazioni di quello che si troverà lungo il percorso: bar, ristoranti, toilettes, alberghi. La ciclabile è la Velodyssée nella sua parte iniziale; non so come, non devo aver visto una freccia e mi ritrovo a pedalare sull’alzaia opposta… e questa sarà la mia piccola fortuna di oggi perché é già l’ora di cercare qualcosa e come vedo la freccina nera col logo del letto la seguo al volo. Annuncia una “gite insolite”in una specie di ranch con tanto terreno e i cavalli; c’è una grande casa, mi avvicino, è aperta, entro. Mi ritrovo in un salone, un “saloon” come si chiama davvero il posto, decorato con pitture ed oggetti dei pellerossa americani, ai lati del quale si aprono le porte delle camere da un laro e cucina e bagni dall’altro. Sembra fatto per me. Controllo, c’è pure l’acqua calda, ma non c’è anima viva. Beh, mi dico, io mi piazzo qui, se compare qualcuno si vedrà. Mentre mi aggiro per il cortile compare un bulldog francese seguito da due grandi cani neri che si avventano su di noi abbaiando. Prendo in braccio Laila urlando ed esce una donna giovane con due bambini, richiama i cani e poi parliamo della possibilità di fermarmi per la notte. Ha solo una camera pronta, loro affittano solo su prenotazione,  ma data la situazione, ok, mi posso fermare. 25 euro, in contanti. Gliene dó trenta, non ha il resto e si accontenta di 22. Mi indica due posti “nei paraggi” (in realtà sono quasi due chilometri) in cui posso mangiare qualcosa, ma sono chiusi… e sono lungo il canale, mentre io ho dovuto seguire un pezzo di strada trafficata. Ritorno dal canale, si è fatto buio, ritrovo la freccina col letto, ma poi non riconosco i posti e non so più ritrovare il Saloon. E miss Google non ha il segnale! Sempre più disperata penso di chiamare la Gendarmerie quando ritorna il segnale e miss Google mi riporta all’ovile. E dire che ero vicinissima! Ceno con le poche cose che ho: un pezzo i formaggio, un uovo sodo, un po’ d’uva e qualche biscotto… e buonanotte! Maledetta miss Google!

4 – 5 ottobre 2022. Heric – Roden – Josselin.. 63  + 67 km

Piove. Già stamattina ho lasciato la gite insolite sotto un cielo grigio e qualche gocciolina di pioggia. Mi ero ripromessa di fotografare alla luce del giorno le decorazioni del saloon, ma tra la luce poco invitante e Laila che ha vomitato l’erba che si era mangiata nel suo carrellino, me ne sono dimenticata. Peccato. Redon, come fine tappa, per oggi può bastare. Nell’entrarci passo davanti a un centro commerciale sull’altra sponda del canale; mi riprometto di andarci, ma ci arrivo già verso l’ora di chiusura, 19.30. Decisamente i miei orari fanno a pugni con quelli francesi, comunque l’albergo dove ho trovato alloggio è proprio lì di fianco, ci andrò domattina; devo assolutamente trovare qualcosa per tenere Laila legata nel suo carrellino perché ieri, poco prima di arrivare qui, ancora a un orario decente, è riuscita, finalmente per lei, a tagliare coi denti la fettuccia di uno dei due moschettoni di contenimento e non solo: mentre, sostenendola con quello superstite, cercavo di rimetterla al suo posto (era rmasta penzoloni fuori dal carrellino) si è sfilata la pettorina ed è scappata, rifiutandosi di tornare. Riacciuffarla e trovare un sistema provvisorio per farla rimanere dentro ha richiesto una buona, preziosa, mezz’ora. Avrei voluto passare dall’armeria di cui Soazig mi aveva dato l’indirizzo per comprare il dissuasore ad ultrasuoni per cani, ma era lontana e allora rimando anche questo all’indomani. Anche oggi la pioggia mi ha tenuto compagnia per parecchio tempo. Forse avrei fatto meglio a fermarmi insieme ad Odile ed Ethel, le due cicloturiste francesi che oggi continuavo ad incontrare: dapprima all’area sosta con tavolini dove mi sono fermata per il pranzo, poi lungo il percorso. Io sono più veloce di loro, il che è tutto dire perché la mia velocità media si aggira intorno ai 12 km/h, però mi fermo più di loro a scattare foto per cui mi superano, poi però le raggiungo. Ethel, soprattutto, ha una buona conoscenza dei percorsi e dei rifugi economici qui in Bretagna e mi dà alcune dritte, fra cui il numero di telefono della gite d’etape dove si fermeranno loro: c’è posto e costa 12 euro. Ma io voglio arrivare a Roden! Così trovo questo albergo “economico” a 60 euro, per poi scoprire che c’era una “halte Saint Jacques”, sempre che fosse aperta, che ci fosse qualcuno e che accettassero i cani.


L’hotel va lasciato entro le 11.30 così che esco a piedi a visitare il centro, fare colazione e andare all’ufficio del turismo a farmi dare qualche mappa e qualche consiglio. Poi sarà la volta del centro commerciale. Il problema è che qui tutto apre fra le nove e le dieci, fa eccezione solo qualche bar, e l’ufficio del turismo è piuttosto lontano dal centro commerciale e dal mio albergo. Ci perdo parecchio tempo perché,  oltre alle preziose cartine della Bretagna e della zona in cui siamo, penso bene, anzi male, di prenotare qualcosa per stasera così che, certa di avere un posto in cui dormire, posso macinare più chilometri. Scelgo una cabane in un camping, così che, in caso probabilissimo di pioggia, dormiró all’asciutto. Manco l’armeria per dieci minuti: chiude a mezzogiorno! e riparto sotto la pioggia che cadrà insistente per tutto il giorno inzuppandomi ben bene. Lungo la strada, a Malestroit, la maison clusiere é una gite d’etape, per giunta del cammino di Santiago! È bellissima e sono tentata di fermarmici, telefonerò al camping per disdire, ma, nonostante le finestre siano tutte aperte, non c’è anima viva né un numero telefonico da chiamare. Delusa, proseguo sotto la pioggia.
La reception del camping chiude alle sette, sono le sei e mezza da poco passate e mi manca un chilometro ed ha pure smesso di piovere: ce la dovrei fare, ma Miss Google ci mette lo zampino, consigliandomi di girare a destra su un ripido sterrato. Penso di riuscirci a superarlo, è breve, invece no, troppo ripido. E mi ritrovo nella solita situazione difficile: non riesco ad andare avanti e neppure a tornare indietro, cerco di depositare il più delicatamente possibile la Lola al suolo, ma staccare il carrellino non è facile, anzi non è possibile, in queste condizioni. L’alzaia è deserta, telefono al camping per avvisare che sto comunque arrivando, quando, miracolo, si profila all’orizzonte un nutrito gruppo di corridori. Sono tutte donne e mi aiutano a tornare sull’alzaia che, mi hanno detto quelli del camping, dovrò seguire fino alla chiusa e poi troverò le indicazioni. Maledetta miss Google!
Per fortuna è uscito il sole e tutto sembra più bello, più allegro. Trovo le indicazioni, ma ad un bivio spariscono, riesco ad attirare l’attenzione di alcune persone in una casa che mi spiegano la strada: ancora mezzo chilometro, tutto in salita. Come riparto mi accorgo che una ruota del carrellino è a terra e la schiuma della bomboletta non funziona: a piedi! Arrivo al camping e non c’è più nessuno; al numero da chiamare fuori orario risponde una voce registrata… e adesso che faccio? Riprovo con l’altro numero, sento suonare il telefono all’interno e una sagoma umana si profila dietro i vetri: é il proprietario del camping che mi conduce alla mia cabane, vicina ai tepee. Mi spega un po’ di cose e mi consegna le chiavi. Prima gli avevo chiesto se dentro c’era il bagno; risposta negativa, toilette e docce del campeggio. Quando la apro vorrei piangere: altro che bagno, qui non c’è proprio niente! La cabane è appoggiata su un piano di legno che continua in un tavolo con panche/scale per accedere, il pavimento è tutto occupato da un materasso a due piazze con lenzuolo gommato e sopra ci sono appoggiati due coperte e due cuscini. Niente federe, niente lenzuola, c’è una presa elettrica, ma non una luce e nemmeno il gancino per appendere la mia lampadina Decathlon. E io ho pagato 35 euro per questo? Era moolto meglio la mia, di tenda! Oltretutto faceva un freddo, c’era un’umidità, tutto intorno al materasso, sistemando le mie cose, si è sporcato di fango, sono tornata dalla doccia con le calze bagnate (ci ero andata in ciabatte), non sapevo che fare di asciugamano e accappatoio umidi così li ho stesi sulla bicicletta, sistemata sotto il telo antistante un teepee, per ritrovarli zuppi la mattina dopo. Non sono morta di freddo grazie solo al sacco a pelo della Decathlon, che ha superato brillantemente il test, e Laila ha dormito avvolta nelle loro coperte.
La mattina ci svegliamo con un bel sole, ma fa un freddo! Cambiata la camera d’aria bucata, colazione, proteste con i gestori/proprietari e partenza. Si prospetta una bella tappa!

6 – 7 ottobre. Josselin Pontivy. 65 km

Sì, proprio bella la tappa di oggi. Tutto positivo, contro la negatività di ieri… col sole è un’altra cosa! Bello il canale, belle le chiuse e le loro case, belli i paesi attraversati. Ma queste cose erano belle anche ieri, solo che pioveva e non te le potevi godere.
Ho attraversato una zona con tantissime chiuse, a distanza di poche decine di metri una dall’ altra, praticamente una scalinata per i battelli. Infatti non ce n’erano, non deve essere una meraviglia navigare fermandosi ogni tre per due a prendere questi ascensori d’acqua. L’alzaia  era in lieve salita che si accentuava ad ogni chiusa per cui procedo lentamente, ma recupero nel passare sull’altro versante della collina con belle discese. Sosta pranzo a Rohan col cibo acquistato al Carrefour; già a Pontivy, ma ancora sull’alzaia, l’incontro con Gixie, una cagnolina identica, ma proprio identica, a Toby. Mi fermo a parlare con la sua padrona, le chiedo il permesso di fotografarla, le racconto di Toby. Lascio Gixie con una carezza e, quando riparto,  scoppio in singhiozzi. Quanto mi manchi Toby, quanto è stata ingiusta la tua morte!
Pontivy è proprio carina. Decido di fare un giorno di sosta, domani, per assistere al concerto di Alan Stivell che ho visto annunciato a Rohan: non posso mancarlo solo perché non è stasera, ma domani! Invece lo manco perché non si trova più un biglietto, accidenti!
Per fortuna che l’ostello della gioventù mi dava alloggio solo la prima notte perché, essendoci solo una ragazza ad occuparsene, nel week-end resta chiuso, così, dopo aver dedicato la mattinata a visitare il centro, al bucato e alla Decathlon, per comprare due camere d’aria per il carrellino, lascio Pontivy e le canal de Nantes a Brest: proseguirò lungo un altro canale, le Blavet, che mi porterà anche lui al mare, a Lorient. Da lì vedrò di raggiungere Vannes in battello, se è possibile.